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La città di Grottaglie si trova in Puglia, a circa venti chilometri da Taranto e vanta un’antica tradizione artigianale dovuta all’abbondanza di argilla nel territorio circostante. Numerosi ritrovamenti archeologici testimoniano questa produzione a partire dall’epoca preistorica.
L’argilla di Grottaglie era ritenuta duttile e di buona qualità, veniva estratta dalle cave situate nelle campagne vicine da parte di contadini esperti che usavano grossi zapponi a forma di mezzaluna detti “musu”: con questo strumento i contadini scavavano nel terreno canali stretti e profondi sino ad arrivare allo strato migliore di argilla.

Poi lo scavo veniva allargato sbancando il manto erboso e le zolle di argilla venivano caricate entro secchi per il trasporto verso i laboratori di lavorazione. Qui l’argilla grezza veniva raffinata attraverso un processo manuale lungo e molto faticoso praticato da numerosi operai.
Oggi Grottaglie fa parte della AICC – Associazione Italiana Città della Ceramica, una rete di 36 comuni italiani contraddistinti da un’antica tradizione ceramica, istituita nel 1997 con il marchio CAT (CERAMICA ARTISTICA TRADIZIONALE).
Grottaglie deve il suo nome alle numerose grotte situate nelle campagne limitrofe che furono abitate a partire dall’Alto Medioevo. Nel corso dei secoli questi insediamenti si ingrandirono fino a determinare un nucleo urbano chiamato Casale Cryptalearum, da cui deriva il nome Grottaglie.

Più tardi i Normanni donarono il territorio all’Arcivescovado di Taranto e a partire dal XIV secolo il vescovo Giacomo d’Atri fece erigere la Chiesa Matrice sopra un’antica costruzione, fece erigere le mura difensive ed il Castello, che sorge sul picco roccioso più alto dell’antico centro urbano.

Seguirono secoli di storia travagliati per la città, che si trovò in balia tanto dei vescovi tarantini quanto dei feudatari laici, con una doppia giurisdizione che causò frequenti tumulti. Gli unici feudatari laici che dimorarono stabilmente nella città a partire dalla metà del Seicento furono i Cicinelli, nobili napoletani che si impegnarono a gestire la loro causa contro gli arcivescovi di Taranto, senza promuovere alcun beneficio per la città. Furono invece gli ordini monastici, i Carmelitani, i Minimi, i Cappuccini, le Clarisse, che dal Cinquecento in poi si insediarono in diversi punti della città e promossero la costruzione di chiese, conventi e congreghe. Essi furono grossi committenti artistici e detentori di gran parte delle economie della città.

Lungo il Settecento continua la strenua lotta tra i principi Cicinelli e gli arcivescovi di Taranto, che si concluderà con l‘abolizione della feudalità e la soppressione degli ordini religiosi. Tutti i loro beni vennero confiscati per rimpinguare le casse dello stato.
Seguirono gli anni dell’Unità d’Italia con l’avvento del brigantaggio, ma anche l’eccezionale santificazione del missionario grottagliese Francesco De Geronimo, con l’insediamento di una comunità gesuitica e l’edificazione di un santuario che ingloba la sua casa natale.
L’istituzione della Regia Scuola d’Arte Ceramica nel 1887, l’avvento delle due guerre e la costruzione dell’aeroporto militare scriveranno la storia contemporanea di Grottaglie.
I laboratori di produzione artigianale di Grottaglie sono situati ai piedi del Castello Episcopio, nel cosiddetto Quartiere delle Ceramiche o “Li Camennre”: molte di queste botteghe sono scavate nella roccia calcarea e conservano le antiche fornaci di cottura anch’esse costruite a mano, grandi cortili, terrazzi e giardini pensili, pavimenti irregolari rivestiti di chianche, ma anche antichi frantoi ipogei prestati alla lavorazione dell’argilla. Il Quartiere delle Ceramiche di Grottaglie custodisce tutta la storia della sua produzione artigianale. Esso conserva l’aspetto di un tempo fino ai giorni nostri.

Gli scavi archeologici hanno restituito frammenti di vasi e strumenti per lavorare la ceramica, cocci e suppellettili che testimoniano una storia produttiva dal Paleolitico sino al Medioevo, alcuni dei quali sono custoditi presso il Museo Archeologico di Taranto o presso il Museo della Ceramica di Grottaglie.
A partire dal Cinquecento molte famiglie di ceramisti si sono tramandate questo mestiere per generazioni mentre i numerosi ordini religiosi che si insediarono nella città hanno prodotto opere di particolare pregio come acquasantiere e pavimenti in mattonelle dipinte con motivi vegetali o geometrici, fino a ricoprire la maestosa cupola della Chiesa Matrice di tegole in terracotta colorate: le “scàndole“.

Tipiche della produzione del Settecento sono le “ciarle“, vasi con due manici e coperchio destinati all’arredo delle dimore d’alto rango: hanno la superficie coperta da frutti, foglie, angioletti e teste umane finemente modellati a mano, ma anche decori dipinti di giallo, bruno e azzurro. Caratteristico delle fabbriche grottagliesi del Settecento è un blu molto intenso tendente al viola.
Nascono anche le pupe, bottiglie antropomorfe che incarnano la leggenda dello ius primae noctis. E ancora acquasantiere che ricalcano gli schemi architettonici degli altari e dei tabernacoli barocchi, con putti, festoni, colonne e conchiglie. I maestri ceramisti producono anche zuppiere, piatti e stoviglie di gran pregio completamente bianche, caratterizzate da una superficie molto plastica e ricoperta da uno smalto bianco: “i bianchi” di Grottaglie.

Per tutto l’Ottocento Grottaglie fu il maggiore centro di produzione in Terra d’Otranto di stoviglie da tavola come piatti, tegami da fuoco e brocche, ma anche contenitori da dispensa per olio e vino come i “capasoni” e le “capase“.
Un terzo della popolazione di Grottaglie era impiegata nella produzione della ceramica tanto che essa cominciò ad assumere carattere di fabbrica e non più di semplice laboratorio. La specializzazione del lavoro prevedeva una figura precisa per ogni fase della lavorazione: il “palazziere” preparava a mano l’argilla o “palazza“; lo “stompa creta” preparava l’impasto; il “faenzaru“ si occupava di plasmare l’argilla sul tornio; il “caminaru” seguiva la cottura nella fornace. Tutta un’altra serie di operai e apprendisti gremivano le botteghe dentro e fuori nei cortili.

Alla fine dell’Ottocento il Ministero Italiano dell’Agricoltura Industria e Commercio istituì a Grottaglie la Regia Scuola d’Arte allo scopo di migliorare la produzione tecnica della ceramica attraverso l’educazione teorica e pratica degli artigiani. Nonostante molte difficoltà essa ottenne riconoscimenti nazionali molto prestigiosi e contribuì a sprovincializzare la produzione locale.

Nel 1910 nacque la prestigiosa Fabbrica Calò, che nel corso di trent’anni coinvolse nella produzione della ceramica grandi artisti, vinse numerosi concorsi e la condusse fino in America.
Oggi Grottaglie produce soprattutto ceramiche per l’arredamento degli interni, degli esterni e della tavola. La preparazione dell’argilla e dei colori ricorre alla moderna tecnologia, ma alcune fasi richiedono ancora l’intervento del maestro ceramista e della sua esperienza pluriennale.
Dal 1971 la ceramica di Grottaglie viene promossa dall’annuale Mostra della Ceramica cui partecipano artisti provenienti da tutto il mondo per esprimere messaggi di carattere sociale attraverso le loro opere artistiche.
COME NASCONO LE NOSTRE CERAMICHE
LA MODELLAZIONE
L’argilla cruda può essere modellata con tante tecniche diverse.
Il tornio è un disco rotante su cui l’artigiano pone una massa informe d’argilla e facendola ruotare velocemente la modella con le mani. Ottiene in tal modo forme curve e tondeggianti come vasi, lampade e porta candele.

L’argilla si può tagliare anche a lastre di spessore omogeneo con un filo di ferro oppure stese con un mattarello. Poi queste lastre vengono curvate per ottenere applique, centri tavola e oggetti dalle forme squadrate.
La modellazione dell’argilla a mano libera è il metodo più antico di lavorazione e consiste nell’uso delle mani per creare una forma tridimensionale come una pupa, un cavaliere o un riccio. Per definire i particolari poi l’artigiano usa stecche di legno e sgorbie in ferro.

L’ESSICCAZIONE
Gli oggetti appena modellati devono essiccare lentamente all’aria aperta per perdere l’umidità interna. Dopo qualche giorno essi assumono una consistenza dura e compatta, lo stadio detto ‘durezza cuoio’. E’ il momento giusto per intagliare la superficie con un bisturi per ottenere lampade, porta candele ed appliques.

LA PRIMA COTTURA
La cotture degli oggetti in argilla cruda avviene dentro grandi forni che raggiungono temperature molto elevate. La cottura può durare molte ore e la temperatura deve crescere e decrescere gradualmente. In seguito alla cottura il prodotto subisce una riduzione di volume. Il risultato è un oggetto di color rosso ruggine: il “biscotto” o “terracotta”.

LA SMALTATURA AD IMMERSIONE
Il biscotto viene immerso in una soluzione liquida, lo smalto, con l’ausilio di pinze in metallo. Lo smalto può essere bianco o colorato. Prima di procedere all’immersione nello smalto l’oggetto deve essere perfettamente pulito e privo di polveri. Questa operazione apparentemente semplice richiede invece molta abilità da parte dell’artigiano che deve far assorbire la giusta quantità di smalto a tutta la superficie dell’oggetto.

LA SMALTATURA CON AEROGRAFO
Lo smalto allo stato liquido viene spruzzato sull’oggetto per mezzo di un aerografo, un apparecchio in alluminio o acciaio munito di un serbatoio per contenere il liquido da nebulizzare.

LA DECORAZIONE A PENNELLO
L’oggetto smaltato deve asciugare per alcuni giorni. Poi l’artigiano decora la supeficie dell’oggetto con il pennello e speciali colori ceramici.

Disegna fiori, foglie, animali e paesaggi. Usa diversi tipi di pennelli per stendere i colori in vario modo e caratterizzare l’oggetto.


LA DECORAZIONE A GRAFFITO
Lo smalto asciutto viene inciso con il bulino a punta per disegnare decorazioni geometriche o floreali sulla superficie dell’oggetto. Poi l’artigiano colora i vari spazi con i pennelli e lascia asciugare.

LA DECORAZIONE A TRAFORO
Questa tecnica si applica sull’oggetto ancora crudo, nello stadio detto ‘durezza cuoio’. L’artigiano intaglia l’argilla con un bisturi e realizza così fiori, foglie o fasce geometriche fatte di cerchi grandi e piccoli, rombi, losanghe ed ellissi. Queste forme filtrano la luce di lampade, appliques e portacandele.

LA SECONDA COTTURA
Dopo la smaltatura e la decorazione l’artigiano procede alla seconda cottura dell’oggetto per fissare i colori e renderli brillanti. La seconda cottura avviene in forno ad una temperatura compresa tra i 850°C e i 970°C e serve a fissare lo smalto sulla superficie dell’oggetto rendendolo duro ed impermeabile come il vetro.

